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Sulla Didattica Musicale

  • Immagine del redattore: Prisca
    Prisca
  • 3 gen 2020
  • Tempo di lettura: 5 min

Aggiornamento: 20 gen 2021

Tradizione e Innovazione

Veniamo da una tradizione nella quale l'educazione musicale è sempre stata identificata con lo studio della tecnica strumentale. Metodi rigidi e testi noiosi spesso demotivavano l'allievo e lo allontanavano dal linguaggio musicale vero e proprio. Addirittura, non di rado, si usava cominciare con lo studio della teoria e del solfeggio, prima ancora di avere un approccio diretto con lo strumento.

Nell'ambito della scuola, la situazione di certo non appariva più florea: la lezione di musica spesso non era altro che un'aggiunta di nozioni e vaghe competenze, lettura delle note e qualche accenno di storia della musica.

Finalmente, negli ultimi anni, cominciano ad emergere voci di didatti e musicisti che si rendono conto di quanto tutto questo necessiti di rinnovamento. La musica, in fin dei conti, non è altro che una libera espressione dell'essere umano, ed è da lì che si deve partire, anche nell'insegnamento: ritrovare quella sorta di innatismo e spontaneità nel fare musica che accomuna tutti i bambini e rende loro possibile trovare motivazione e stimolo nell'imparare anche la grammatica musicale, o il solfeggio.

Ma sempre dall'espressione dell'individuo, dall'improvvisazione e dal gioco bisogna partire, per poi arrivare, solo in un secondo momento, all'alfabetizzazione musicale. D'altronde, è questa la linea che accomuna tutti i padri della pedagogia musicale degli ultimi tempi, da Dalcroze a Orff fino ad arrivare al Willems e Kodàly. Ognuno di questi pedagogisti ha proposto diverse metodologie di apprendimento della musica, dal lavoro sul corpo, a quello di ensemble musicale fino ad arrivare all'ascolto e alla vocalità, ma tutti loro hanno un tratto comune: l'idea fondamentale che la musica parta dal suono e dalle orecchie per arrivare solo in un secondo momento alla carta e agli occhi.

Creatività ed espressività: la formazione dell'individuo

La musica dispone di enormi potenzialità. Tra di esse, oltre a quelle precedentemente esposte, c'è sicuramente l'altissimo potenziale creativo che essa ci mette a disposizione. In una realtà altamente omologata e fortemente standardizzante come quella in cui viviamo, sfruttare ogni angolo di possibile creatività e fantasia, soprattutto all'interno dell'ambiente scolastico, è una risorsa irrinunciabile.

"Un individuo creativo è un uomo libero e sano, un individuo capace di giocare con i propri limiti, un essere umano realizzato e probabilmente molto felice." (Donald W. Winnicott)

Ed è alla formazione dell'individuo che la musica e la cultura in generale deve ambire. Innanzitutto quando parliamo di creatività, ci riferiamo, non soltanto alla produzione di musiche originali prodotte dai bambini, ma parliamo anche e soprattutto di quello che può essere chiamato un "ascolto creativo". L'ascolto creativo non è altro che quel tipo di ascolto consapevole che permette ai bambini di imparare a collocare la musica in un arco temporale definito, a comprenderne la forma e imparare a distinguere ed esplorare i mezzi espressivi della musica. Si cerca, in questa fase, di scoprire in prima persona ciò che di unico e irripetibile c'è in un brano musicale. Questo aspetto è elemento fondamentale e necessario per passare, poi, alla fase di produzione vera e propria. Le due cose possono anche andare di pari passo, si possono creare brani e analizzarne immediatamente i contenuti, oppure analizzare i contenuti di brani già esistenti e cercare di crearne altri con gli stessi stilemi, e così via. Ciò che conta è che l'aspetto della creatività e della creazione musicale non si limiti semplicemente a un'apologia dello spontaneismo, ogni aspetto della creazione musicale deve essere analizzato e motivato dai ragazzi.

La creatività va di pari passo con l'espressività.

Per rendere la musica, che sia di propria creazione o meno, una materia "viva" e uno strumento di espressione dell'individuo, è necessario lavorare, appunto, sull'espressività. Molti insegnanti trascurano l'importanza di dare espressione alla musica, rimandando questa fase ad un futuro lontano in cui si saranno acquisiti tutti gli strumenti tecnici necessari. Ritengo opportuno lavorare sull'espressività della musica da subito, per comprenderne il significato ed il senso. Se non suoniamo fin dagli inizi per dare vita a pensieri ed emozioni, rischiamo di perdere il senso di ciò che stiamo cercando di imparare. Inoltre, non dobbiamo incorrere nell'idea erronea che l'espressività sia un qualcosa di assimilabile all'estemporaneità: essa piuttosto va imparata ed insegnata, poggia su abilità analitiche che l'insegnante deve trasmettere all'alunno facendogli scoprire, passo dopo passo, i vari ingranaggi della composizione. Ogni scelta espressiva deve essere basata sulla comprensione dei dinamismi interni al brano e alla sua struttura.

Creatività ed espressività, infine, sono le due facce di una stessa medaglia: contribuiscono alla formazione di un individuo autonomo e consapevole. Un individuo che sappia fare le proprie scelte e sappia trovare soluzioni personali ed originali e ai problemi. Dobbiamo cercare di educare i bambini ad essere se stessi, a sviluppare al meglio le proprie risorse e potenzialità imparando a costruire una propria autonomia. Se così sarà, allora i bambini che avranno frequentato il nostro corso, si troveranno, da adulti, con del materiale e delle risorse da spendere nella vita di tutti i giorni, che vanno ben oltre la capacità di intonare melodie o eseguire ritmi.

Il ruolo dell'insegnante

Conseguenza naturale delle idee esposte nei paragrafi precendenti è che anche il ruolo dell'insegnante venga visto, riveduto e analizzato a fondo.

Un insegnante che si mette in cattedra e espone ad una classe passiva non è più concepibile. L'insegnante non è più quella figura autoritaria di un tempo, la persona che possiede la conoscenza e il sapere di cui gli alunni hanno bisogno e che le dispensa e suon di spiegazioni e letture. Per poter portare avanti un lavoro dinamico e interattivo come quello sopra esposto è necessario che l'insegnante si svesta della sua auctoritas per poter indossare i panni del tutor, una guida consapevole che accompagna i propri alunni lungo il percorso dell'apprendimento. L'insegnante di oggi deve saper accogliere idee, proposte e necessità del bambino. Deve essere il più possibile ricettivo rispetto alle esigenze emotive dei propri allievi perché, il lavoro che ci prefiggiamo di svolgere, non è un lavoro che comporta acquisizione di nozioni, ma piuttosto prevede un coinvolgimento il più possibile completo da parte dell'individuo. Il lavoro sulla creatività, sull'espressione, comportano il coinvolgimento di emozioni e pensieri che attingono al vissuto personale di ogni singolo allievo. Tutti questi aspetti esercitano necessariamente un ruolo e un'influenza sul lavoro svolto. La figura dell' insegnante-guida-tutor, non può ignorare tutti questi aspetti. È un lavoro ben più impegnativo e ricco di imprevisti rispetto a quello che abbiamo visto finora.

"Lo spirito critico e il rifiuto del sapere dogmatico diventano strumenti essenziali. Anche l'insegnante in questa situazione assumerà compiti diversi; la sua funzione non può più essere quella di trasmettere conoscenze precostituite e di selezionarne i destinatari, bensì quella di fornire ad essi, o a tutti indistintamente a seconda delle loro possibilità, i più idonei strumenti di "lettura" del reale, a partire dalla loro concreta situazione che non è uguale per tutti, ma nasce da esperienze di vita e da necessita di conoscenze diverse. Questo non vuol dire che tutto il patrimonio di nozioni e di capacità che la scuola ha sempre trasmesso debba essere trascurato; anzi la trasmissione dell'eredità culturale i cui si identifica la storia dell'uomo resta per la scuola uno dei compiti essenziali. Sono altre le cose che devono cambiare: le motivazioni dell'insegnamento, i rapporti fra insegnante e allievo e le modalità della trasmissione del sapere." (Mario Baroni, Suoni e significati, pag. 8)

Per questo ogni insegnante dovrà rimboccarsi le maniche per cercare di guidare nella maniera più giusta e sana e dovrà far fronte ad una serie di difficoltà ed imprevisti che un tempo, venivano semplicemente eliminati alla radice. Il vecchio sistema prevedeva un debellamento delle differenze e una standardizzazione degli alunni e del sapere. Oggi, noi insegnanti dobbiamo valorizzare le differenze e cercare di integrarle, farne una ricchezza e per questo dobbiamo essere pronti alle possibili reazioni e difficoltà di ogni singolo alunno, che saranno sempre varie ed imprevedibili. Ovviamente, questo non significa "improvvisare", ma semplicemente creare degli schemi flessibili che si possano adattare alle diverse situazioni. La lezione va programmata e prevista, ma ogni possibile intervento o difficoltà deve essere accolto e reso utile all'apprendimento.

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