Sono stata lo scorso 25 marzo tra il pubblico dello spettacolo di Simone Cristicchi Paradiso ispirato alla celeberrima opera dantesca.
Di seguito trovate intervista e report:
È molto affascinante l’idea di mettere in scena uno spettacolo teatrale tratto da un’opera così importante come quella della Divina Commedia di Dante, opera che, naturalmente, trasmette un messaggio universale. Qual è questo messaggio? Come possiamo tradurlo in poche semplici parole? E in che modo sei riuscito a metterlo all’interno dello spettacolo “Paradiso. Dalle tenebre alla luce”?
A mio avviso la grande idea di Dante Alighieri è quella di aver reso una metafora perfetta della vita dell’essere umano come iniziazione, percorso di purificazione. Partendo da uno stato di confusione, di caos, quindi dall’osservazione del nostro inferno personale, della nostra interiorità, delle nostre ombre passiamo successivamente a una fase di purificazione, di catarsi dal demone che ci abita e dalla malvagità che ci attraversa per poi riuscire a intravedere pian piano la parte invisibile, la parte divina, che è il paradiso, l’aldilà, un’altra dimensione o semplicemente diventare puro spirito, a seconda anche delle tradizioni religiose. Dante è principalmente cristiano quindi la Divina Commedia è intrisa di cristianesimo però utilizza anche delle simbologie esoteriche, è un grande conoscitore della filosofia perenne. Il mio spettacolo “Paradiso” parte proprio da questa dichiarazione, cioè, la nostra vita è un viaggio dalle tenebre alla luce, dobbiamo attraversare il nostro inferno per riuscire ad arrivare a ricongiungerci alla luce divina e quello che ci può portare al divino è operare per il bene, il bene e il divino sono un po’ la stessa cosa. Dante alla fine al 33° canto del paradiso vede questa luce immensa e quando riesce a guardare dentro quella luce trova specchiato il suo viso, il divino-specchio, l’uomo che si fa divino, quindi in noi dovrebbe esistere secondo Dante, ma anche secondo gli gnostici, una scintilla divina che è presente in ogni essere umano.
C’è un forte messaggio spirituale, in che modo l’arte ci guida e ci può essere utile non solo per trasmettere questo messaggio ma anche per viverlo?
Sicuramente il teatro è un rituale, per come lo vedo io. Il mio teatro vuole recuperare quella liturgia antica in cui davvero avviene una catarsi nel pubblico e nell’attore quindi si esce fuori dallo spettacolo con un qualcosa che ti ha smosso dentro la coscienza. I miei spettacoli non sono mai accomodanti o consolatori, pongono tante domande e vogliono rivelare quelli che sono gli interrogativi importanti di ognuno di noi, io parlo al pubblico in questo lavoro, ma anche in altri. In questo soprattutto mi interrogo sull’idea di paradiso e in quanti modi si possa declinare questo concetto di paradiso, quindi nello spettacolo ci sono tanti temi, non solo Dante Alighieri, io parto da Dante e concludo con lui ma dentro c’è l’idea dell’aldilà, l’altra dimensione, ci sono le coincidenze, i segnali che arrivano nella nostra vita che ci fanno intravedere qualcosa d’altro oltre la materia, il mondo dell’invisibile, le stelle, l’astrologia, il grande libro della natura, che ci insegna continuamente, fino ad arrivare a delle esperienze proprio intime, personali, che ho vissuto e che racconto.
Quindi c’è l’artista Simone Cristicchi dentro a questo spettacolo, non solo a livello performativo ma anche e soprattutto a livello autorale…
Sì, è uno di quegli spettacoli dove io racconto per la prima volta anche delle cose mie intime, quindi mi metto in gioco, mi metto a nudo e questo amplifica molto il rapporto con lo spettatore, diventa uno scambio tra esseri umani.
A proposito di Simone Cristicchi artista che nasce come cantautore, musicista e si approccia solo in un secondo momento al teatro. Com’è stato passare da un linguaggio a un altro e com’è anche adesso giocare con i vari linguaggi, a livello artistico e professionale?
Io ho cominciato nel 2010 perché volevo sfidare me stesso, volevo realizzare un monologo senza musica, senza canzoni. Sono riuscito a farlo, lo spettacolo si chiamava “Li romani in Russia”, poi ha fatto più di 300 repliche, è stato il mio biglietto da visita all’inizio, con la regia di Alessandro Benvenuti, ho avuto dei grandi maestri in questo senso. Poi sono approdato al Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia nel 2013 e ho realizzato il mio primo spettacolo vero e proprio, che poi abbiamo definito musical civile “Magazzino 18” che tuttora, in questi anni, continua a girare. Nel frattempo ho fatto tanti altri spettacoli, almeno 4 o 5, e hanno avuto sempre un ottimo riscontro di pubblico. Ecco, la canzone la utilizzo sempre, anche in questo spettacolo ce ne sono diverse inedite. Per me la canzone è sempre fondamentale però il teatro, la drammaturgia, il fatto di voler raccontare una storia e farlo direttamente in scena piuttosto che dentro un disco mi piace di più, perché c’è questo scambio umano di vibrazioni con il pubblico. Con una canzone si riesce magari ad arrivare a milioni di persone in un secondo, in tre minuti, come succede a Sanremo, e io ci sono stato nel 2019 l’ultima volta con “Abbi cura di me”, ma con il teatro è più one-by-one, uno per uno, quindi un lavoro più paziente. Per me è la un’isola felice dove poter creare, ho un’idea e la metto in scena.
Quindi il contatto con il pubblico è più stretto all’interno di un contesto teatrale…
Sì, a livello emotivo è anche più appagante rispetto a un passaggio in radio o un passaggio in televisione. La radio ti rende popolare, ma qui si crea un’affinità, un affetto con il pubblico che dura e non tradisce rispetto al mondo della musica, anche questo poi mi ha portato a fare più teatro.
Un’altra curiosità: il testo di Dante chiaramente non è un testo facile, so che in alcuni punti sono stati musicati proprio i versi originali, come è stato lavorare su un testo simile?
L’idea era proprio quella di musicare l’inizio del 33° canto del paradiso che è una preghiera alla Vergine Madre e renderla quindi una canzone. Io ho affidato questo compito al M° Walter Similotti che è un grande compositore con cui collaboro da tanti anni e abbiamo realizzato questa canzone, abbiamo musicato i versi di Dante, li abbiamo resi cantabili ed è stato secondo me un esperimento molto bello, riuscito, una bella sfida che siamo riusciti a vincere. Per il resto Dante nello spettacolo è un’ombra che si aggira, c’è sempre perché il tema è quello però non è la solita esegesi dantesca, come è stata fatta da tanti, da Benigni in poi, è più che altro l’attitudine che ho avuto io: quella di un uomo che entra dentro a un museo, si lascia attraversare dalla bellezza che vede e non vuole capire, non vuole sviscerare… io porto in scena quello che ha generato in me lo studio del Paradiso di Dante.
Prossimi appuntamenti? Progetti futuri?
I prossimi progetti sono legati alla mia attività più musicale: porterò in giro un concerto quest’estate che si chiama “Lo chiederemo agli alberi”, dedicato al tema della natura e della spiritualità, sarò con un trio acustico. Poi c’è il concerto mistico per Battiato che faccio insieme ad Amara ed è già dall’anno scorso in tournée, adesso continua nei teatri, c’è Milano, Genova, Bologna, Senigallia, Cattolica e tante altre date che si stanno aggiungendo, anche in estate, continuerò quindi in parallelo sia il mio concerto sia quello dedicato a Battiato.
Un sabato di marzo lo spettacolo “Paradiso. Dalle tenebre alla luce” di Simone Cristicchi arriva in un piccolo teatro nel cuore della toscana: il Teatro Caos di Chianciano Terme. Lo spettacolo fa sold-out e il teatro è pieno fino all’orlo.
Essere riusciti a portare in un teatro di provincia tante persone che vengono a vedere, sentire uno spettacolo che parla di introspezione, spiritualità, letteratura, natura, rende merito all’artista che Simone Cristicchi è, il quale, già solo per questo, dovrebbe essere applaudito e ringraziato. Dopo aver assistito allo spettacolo, a maggior ragione, non possiamo che essere ulteriormente grati a questo autore, cantautore e attore che ci avvicina a un tema tanto effimero quanto difficile con una tale delicatezza e semplicità da renderlo cristallino.
Lo spettacolo si vede e si ascolta: la canzone è una costante che accompagna dall’inizio alla fine e regala momenti di incantevole suggestione e bellezza. Il momento canzone sintetizza l’idea, il concetto, la sensazione di cui le parole parlano mentre l’attore racconta. Racconta e non recita, perché Cristicchi arriva come un uomo, uno di noi, che racconta, su un palcoscenico, il suo viaggio, insieme a quello dell’umanità intera di cui parla anche Dante nella sua Divina Commedia. Se si potesse raccontare la letteratura nelle scuole così come Cristicchi ci racconta Dante Alighieri a teatro, molte cose si muoverebbero in direzioni diverse nel mondo; ma gli insegnanti non sono artisti e la scuola è un’altra faccenda.
Per vivere l’esperienza della poesia, della musica, della canzone e dell’umanità che tutte queste forme d’arte e d’espressione ci regalano bisogna andare a teatro, o nelle sale da concerto, perché la bellezza è solo per chi la sa cogliere e apprezzare. Così il pubblico che va a teatro a vedere e sentire lo spettacolo “Paradiso” coglie il fiore del giardino dell’Eden che Cristicchi dal palcoscenico gli porge e torna a casa rinnovato, forse arricchito, sicuramente cambiato.
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